Quelle bianche rose, fiori dell’anima.
Quella mattina avevo dedicato uno sguardo distratto a quelle rose bianche, che, in quel vivaio facevano bella mostra di sé, contendendosi il primato della bellezza, tra le tante ivi esposte. Quante altre volte m’era accaduto di ammirare una pianta di rose e in ciascuna di esse avevo scoperto una certa attrazione, ora per il profumo, ora per la forma o i variegati colori. Cosi feci ritorno a casa acquistandone una, corrispondente ai miei gusti, che mi proponevo di sistemare tra le tante che già allietavano l’angolo verde di casa mai. Nel far ciò avvertivo che il mio animo era permeato da un senso d’irrequietezza, di cui non riuscivo a comprendere le ragioni. Non era la prima volta che avvertivo questo malessere e tutte le volte che accadeva, cercavo di spiegarne le ragioni. Così quella mattina, rovistando nella mia mente, affiorava con prepotenze il ricordo di quelle rose bianche, che avevo visto poco prima e insieme un senso di colpa per averle così superficialmente ignorate. Attesi il giorno dopo per ritornare in quel vivaio e far visita a quelle rose bianche, così come si fa con le persone care di cui si avverte la mancanza. Ammirandole avevo capito che, inconsapevolmente, mi avevano catturato l’anima con la luminosità e purezza del loro unico colore, indice di pace, libertà, castità, freschezza e campioni di umiltà per la loro nudità di cui si vestono e la grazia del profumo che donano. Avvertii il bisogno di accompagnarmi a una di esse, che sistemai sul sedile accanto a me, non senza averle, prima aperto lo sportello come si fa con una gentile signora che si ospita sulla propria auto. Il viaggio di ritorno fu un muto dialogo d’amore e insieme il desiderio di ospitarle a casa. Così, ora, tutte le mattine, quando apro la finestra, il mio sguardo si apre su quelle bianche spose e la mia anima s’illumina del loro bianco candore, anticipo di pace. Un buon inizio per una giornata che si apre all’insegna dell’incertezza sul divenire della vita.
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