Meno male che mio nonno è morto, pace all’anima sua, perché se doveva pagare l’IMU sulla casa che abitava, conoscendo la sua spilorceria, sono certo che avrebbe venduto la casa e si sarebbe ritirato in convento. Occorre prendere atto che oggi chi possiede una casa se non è un disgraziato, poco ci manca. Un tempo chi possedeva una casa era considerato fortunato e chi era proprietario di un pezzo di terra possidente. Oggi entrambi appartengono alla categoria degli “inquilini” tartassati, essendo venuto meno il diritto di proprietà. Ne sanno qualcosa le migliaia di agricoltori che possedere anche poca terra è come avere una malattia in famiglia. Un tempo la loro unica preoccupazione erano le calamità naturali: grandine, mal secco, filossera. Oggi queste malattie hanno un solo nome: imu. Ricordo ancora la voce squillante di un mio compaesano, comunista doc “ Nunziatu a monica” che dall’alto di un tavolo, lui che a malapena raggiungeva, scarpe comprese, un metro e sessanta, negli anni cinquanta nella piazza principale di Linguaglossa “ attizzava” i contadini, mezzadri compresi, al grido, arrabbiato, acuto e squillante: “ La terra ai contadini”. Oggi se quello stesso grido disperato ma insieme augurale fosse ascoltato dai contadini, il povero Nunziato a monica” sarebbe, a furor di popolo, rovesciato dal tavolo e inseguito con i forconi. Cambiano i tempi, le risorse, le energie, gli uomini e le idee, ma la terra rimane ancora oggi la nostra unica fonte di sostentamento. Peccato che questa realtà l’abbiano dimenticato sia i contadini sia lo Stato, i primi nell’illusione di vivere una vita migliore, affrancata dalla fatica dei campi, ora che la meccanizzazione ha reso tutto meno oneroso e lo Stato che si ostina a tartassare o non tutelare quella parte di ricchezza che la natura con generosità ci regala, facendoci odiare anche il vaso di prezzemolo che teniamo sul davanzale della finestra.
Pubblicata su La Sicilia 22.04.2013. Saro Pafumi
Nessun commento:
Posta un commento