giovedì 29 marzo 2012

Perchè il prezzo dei carburanti non può diminuire

I carburanti? Un’utopia sperare in un abbassamento dei prezzi. Spiego il perché. Sul prezzo incidono tre fattori: la materia prima, l’imposta di fabbricazione, l’iva. Queste due ultime voci incidono per circa il settanta per cento sul prezzo finale. L’imposta di fabbricazione, più esattamente definita “accisa”, è un’imposta che grava sulla quantità del prodotto, mentre l’Iva grava sul valore dello stesso. Attraverso un triplice salto mortale interpretativo, l’accisa concorre a formare il valore del prodotto, rendendo in tal modo possibile l’applicazione dell’Iva anche sulla stessa accisa. In parole povere significa che aggiungendo alla materia prima (combustibile) un’imposta (accisa) essa miracolosamente si trasforma in combustile stesso, entrambi gravati dall’Iva. C’è di più. Le aliquote dell’imposta di fabbricazione (accisa) variano, secondo le necessità straordinarie dello Stato: guerre, calamità naturali, eventi straordinari e in genere ogni tipo di fabbisogno per far fronte a ogni emergenza. Logica vuole che superata l’emergenza l’’aliquota dell’accisa ritorni al livello precedente. In pratica avviene l’esatto opposto: le emergenze si sommano, cosicché, per fare un esempio, paghiamo le spese per la guerra in Abissinia di mussoliniana memoria e le altre emergenze sopravvenute. Purtroppo non c’è uno straccio di Autorità (magistratura contabile o ordinaria) che pone fine a quest’autentico scippo fiscale. Un’imposta motivata da cause inesistenti o cessate, in uno Stato di diritto, sarebbe considerata nulla. A pensarci bene, anzi, si potrebbero ravvisare diversi illeciti: indebito oggettivo, appropriazione indebita, arricchimento senza causa. Poiché il soggetto coinvolto è lo Stato, ovviamente non se ne fa nulla, anzi chi è preposto al controllo delle sue leggi si rende suo complice. Resta il trenta per cento su cui operare, ma su questo fronte i poteri forti (Compagnie petrolifere) rappresentano la parte maggioritaria che opera in regime di libero mercato, il che significa che il prezzo del carburante è determinato dalla domanda e dall’offerta. Restano i benzinai, col tre per cento di utile lordo, ossia i cassieri delle imposte, sui quali gravano il costo dell’acquisto dei carburanti, le spese di esercizio, i rischi connaturati al settore (rapine, interessi bancari usurari, ecc.). In un mercato così rigido in cui la parte del leone è rappresentata dallo Stato-ladro ogni speranza è vana. Non ci resta che attendere il punto di saturazione del consumatore, ossia il grado di assorbimento del prezzo dei carburanti in costante, periodico aumento. Ormai l’automobilista è esso stesso un motore a scoppio caratterizzato da quattro fasi: acquista, paga, sopporta, scoppia. Per il momento siamo alla terza fase. A quando la quarta?
Pubblicata su La Sicilia il 30.03.2012 Saro Pafumi

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