“Oggi si tiene lezione dal vivo” annunziò il prof. Incorpora, che c’insegnava disegno nella scuola media dei Padri Domenicani a Linguaglossa, allogata in un vecchio edificio accanto alla Chiesa di Sant’Antonino. Ci condusse in una stradina limitrofa e sistemandoci in fila ci disse: “Vedete, di fronte a Voi, quel vecchio palmento? Riportatelo tale e quale sul vostro album da disegno”. Strappò dalla sua cartella un foglio bianco e con poche righe disegnò lui stesso quel vecchio rudere. Di suo vi aggiunse un paio di vendemmiatori in procinto di scaricare l’uva da pigiare. In un attimo e con pochi schizzi, lui artista, aveva creato un quadretto d’autore, rendendolo vivo e palpitante d’umanità. “ Non fate come me, che ho l’occhio dell’artista” aggiunse. “Voi dovete copiare la realtà”. Quindi accartocciò e ripose in tasca quel piccolo capolavoro che aveva disegnato in un batter d’occhio Nell’ora che ci fu concessa per elaborare il disegno, riuscii a tracciare poche righe. Quando il professore lo esaminò, piegandolo, mi disse: “ Più che un palmento hai disegnato un piatto. Con la
sei messo proprio male. Prova a fare qualcosa col disegno geometrico”. Affidandomi, a casa, per prova, il compito di disegnare un ottagono. “ Bada”, mi disse, “ se usi la gomma per cancellare, sei fregato. Prima di tracciare una linea sul foglio bianco, misura e rifletti, rifletti e misura. Devi essere sicuro degli angoli che devi formare. Non sono ammesse cancellature, sbavature o linee ripetute, perché se tracci una linea è come se facessi una scelta di vita.”.
Col tempo capì che quell’insegnamento conteneva una metafora. Le rette sono come certi principi. Non ammettono sbavature o travisamenti Sono principi e basta. Avrei voluto ricordargli quel lontano giorno di lezione “dal vivo”, la metafora della retta come scelta di vita, ma guardando i suoi occhi sofferenti e spenti nell’ultimo nostro incontro, capi che non l’avrei rivisto da vivo. Non dissi nulla, preferendo che quei ricordi sedimentassero nella mia mente, ma avrei voluto sussurrarglieli all’orecchio il giorno in cui lo vidi esamine e sorridente tra le “sue” statue che gli ballavano attorno, cantando: “Un artista non muore! Un artista non muore!”
Pubblicato su La Sicilia il 05.08.2010 Saro Pafumi
1 commento:
è lui che insegnò Storia dell'Arte allo Scientifico "E. Boggio Lera" di Catania?
grazie
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