venerdì 1 giugno 2012
A Napoli per i vicoli di Toledo
“ Signurì putit(e) darme cinch cent (e)sime, c’aggia jucà o lot ,pecché stanot(e) aggiu sugnatu mariteme ?”E ‘ una delle tante trovate che le popolane di Napoli escogitano per sbarcare il lunario. Non è questua questo modo di porgersi, come può apparire, ma pura teatralità, palcoscenico per i tormentati vicoli di Toledo dove ogni uomo, donna , bambino dismette i panni del cittadino per rappresentare l’immortalità del personaggio parodiato dal genio creativo di Eduardo. Scene di autentica quotidianità nelle quali la vita è intreccio di tragedia, commedia farsa, dove O’ Malomm di turno, votato allo scippo, volge le spalle all’edicola votiva come fondale scenico in una sapiente commistione rappresentativa di profanazione civica e sacralità partenopea, binomio inscindibile dell’anima di Napoli. Donare un euro per la rappresentazione dal vivo di una scena scarpettiana non è azione insolita a Napoli, Il gesto di chi dona, a Napoli non è quasi mai obolo, ma consapevolezza di stare al gioco, come “spalla”, “vittima” o “compare” di turno. Per un attimo tra i vicoli di Toledo “il cittadino” è esso stesso attore confuso tra la moltitudine dei personaggi presenti che come nelle tragedie greche cantano i loro ditirambi fatti di parole incomprensibili, preghiere, imprecazioni, suppliche, perché la vita cittadina a Napoli non è mai individualità, ma espressione corale di partecipazione civica. Ritornare a Napoli per chi, come me, vi ha trascorso un arco della sua vita è come andare a Lourdes per rinvigorire la fede o cercare il miracolo, perché a Napoli anche i miracoli accadono, non importa se veri o costruiti dalla fantasia popolare. L’animo popolaresco lì è magia, fantasia, creatività. Importante è esserci e partecipare e a Napoli il ruolo non si sceglie:attore o vittima, nessuno recita a soggetto. Saro Pafumi
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