sabato 16 giugno 2012
Com'è diventato difficile bruciare le stoppie
Di recente non si sa se per effetto di una nuova normativa o per l’interpretazione di una già esistente bruciare storpie in campagna non è più possibile. Per il passato ciò era ammissibile a condizione che si osservassero alcune condizione temporali e si usasse il buon senso. Qualcosa è cambiato per effetto di chi non si sa. Perché qui da noi le leggi, le circolari, le interpretazioni vengono in punta di piedi, con discrezione. Così ora oltre alle tasse da pagare, i lavori da eseguire, la speranza del raccolto e la fortuna di vendere i prodotti, c’è anche il problema di smaltire i rifiuti legnosi che provengono dalle varie potature degli alberi. Che fare? Un vero rompicapo. Secondo le ultime normative, tali scarti devono essere bruciati in apposite fosse scavate nella proprietà o triturate e lasciate marcire come concime biologico. Nell’intento del legislatore la normativa non fa una grinza, ma tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare o per meglio la tasca dell’agricoltore. Scavare una fossa costa e poi quante fosse occorre scavare se la proprietà è vasta e la raccolta dispendiosa? Triturare? Se fosse carne basterebbe un tritacarne, ma trattandosi di scarti legnosi il macchinario avrebbe costi proibitivi. Certamente gli incendi spesso dolosi che annualmente s’innescano sono una calamità, ma sarebbe più giusto definire calamità coloro che gli incendi appiccano. Intanto ciascuno deve industriarsi a come smaltire questi scarti legnosi. La tentazione c’è ed è la speranza di vendere, confidando nel “merlo di turno” che compra senza sapere a cosa va incontro, oppure abbandonare tutto. Sarà la natura a fare da tritatutto. Ha ragione quel contadino che parlando della proprietà terriera dice. “ Possedere, oggi, una campagna è come avere una malattia in famiglia” “Una malattia cronica” aggiungo di mio.Saro Pafumi
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