sabato 3 dicembre 2011
Eutanasia e paradosso
Il caso Magri e la sua “dolce morte” hanno riaperto il dibattito sul diritto all’eutanasia. Vorrei, sul caso specifico, dire la mia, anche se vale meno del due a briscola. La dottrina cattolica ci ha insegnato che la vita degli individui è regolata dal libero arbitrio. Un concetto filosofico-teologico, secondo il quale ogni persona è libera di fare le sue scelte e Dio, anche potendo, non utilizza il suo potere per condizionare le scelte dell’individuo. Il ricorso all’eutanasia s’inquadra nel contesto del libero arbitrio, permettendo all’individuo di scegliere anche la morte con le conseguenze sul piano religioso che tale atto comporta: il peccato, ossia l’inferno. Può Dio spedire all’inferno un individuo che abbia, per esempio, condotto una vita esemplare, sol perché nell’attimo finale non ha avuto la forza di sopportare le “sue” sofferenze? Se così fosse, immagino, però che Dio spedisca, sì, quel tale all’inferno, ma riservandogli un ambiente con l’aria condizionata. A prescindere dalla battuta che può sembrare blasfema, il ricorso all’eutanasia che in Italia è vietata, impone un’altra riflessione: la disparità sociale. Chi economicamente può, si sceglie “la dolce morte”, chi non può, deve affidarsi a mezzi economici e violenti. Se l’eutanasia fosse ammessa, risparmieremmo almeno questo secondo aspetto, il più macabro. Pubblicata su La Sicilia il 03.12.2011.Saro Pafumi
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