venerdì 10 giugno 2011

Indicazione obbligatoria sui prodotti, ma i controlli?

Una recente (si fa per dire) legge ha introdotto l’obbligo di indicare sulla merce posta in vendita un cartello con l’indicazione geografica. Oggi che l’economia è in regime di globalizzazione, il che significa che sulle nostre tavole finiscono prodotti coltivati e raccolti nelle zone più sperdute della terra, tale indicazione è assolutamente necessaria. La presenza di “virus” in qualche alimento straniero rende tale norma assolutamente indispensabile per la difesa della nostra salute. Che cosa avviene nella realtà? Che l’indicazione non è in molti casi veritiera. Ci si trova di tutto. Arance di Francofonte mescolate con quelle di Lentini, Paternò e Scordia o con quelle argentine o brasiliane; le cipolle di Tropea assieme ad altre che di Tropea hanno solo il colore; patate di Giarre, frazione di Bologna e per finire pesce “rigorosamente” pescato nello Ionio (parola di pescatore), come se fosse il mare più pescoso del mondo. Poiché il consumatore non può avere conoscenze così particolari, finisce col comprare quanto gli è offerto, ma con la consapevolezza di portarsi a casa un pout-pourrì, finendo con l’essere “ carnuto e mazziato”. Se ti azzardi a dire, com’è accaduto a un mio amico, che quelle cipolle, vendute per strada, non sono tutte di Tropea, ti senti rispondere: “ Ma picchì lei canusci i cipuddi di Tropea?” Il cliente: “ facciamo una scommessa ? Scelgo quelle che non sono di Tropea e gliele tiro in testa, una a una” Il negoziante: “si nni issi si nni issi, mi facissi travagghiari!”. Spesso avere la coda di paglia non è solo un modo di dire.
Pubblicata su La Sicilia il 11/06/2011 Saro Pafumi

Nessun commento: