giovedì 30 dicembre 2010

Fidatevi dell'oroscopo

Volete conoscere il vostro destino per l’anno che sta per iniziare, se vostra moglie o marito vi sarà fedele, se potrete continuare a pagare le rate di mutuo, se seguirete a godere ottima salute, se avrete una promozione nel vostro lavoro? Affidatevi all’oroscopo. Le rubriche dei giornali, le riviste specializzate, i servizi televisivi sono stracolmi di notizie che vi anticipano quello che il futuro vi riserverà. Scacciate il pessimismo, allontanate la depressione, fidatevi del prossimo, lasciate aperte le vostre case, fate spese pazze: il futuro è vostro. Salite su una zattera, dispiegate le vele al vento e navigate con tutta tranquillità, il vostro segno zodiacale vi condurrà nel porto che sognate.
Se qualche leggera nuvola di passaggio dovesse apparire all’orizzonte non disperate: Giove che, nell’anno che starà per iniziare, incontrerà Saturno sarà per voi prodigo d’avvenimenti positivi. Poi c’è Venere che servendosi di Cupido colpirà diritto al cuore la persona che amate.
Candidate mamme nella prima metà del nuovo anno la congiunzione della Luna con Giove favorirà le vostre attese, specie se il vostro patner è un Leone, perché questo segno sembrerebbe avere nel suo glifo la rappresentazione simbolica dello spermatozoo. Ma attenzione, se siete Vergine il migliore approccio è con un Ariete, ascendente Toro. Volete un maschio? Aspettate la seconda decade di giugno quando il vostro ascendente Pesce transiterà in Acquario.
Le vostre difficoltà economiche con l’arrivo dell’ultima luna di dicembre si attenueranno, in qualche caso i vostri introiti si raddoppieranno anche se si dissolveranno in breve tempo per Scorpione in eclisse.
Cercate lavoro? Ostinatevi a cercarlo, ma evitate le domeniche, le feste comandate, gli anni bisestili e i mesi pari o che finiscono col numero zero.
Vuoi conoscere il tuo oroscopo giornaliero? Digita il tuo segno zodiacale al n…….
Condizioni in abbonamento.
Dopo le bollette della spazzatura, dell’acqua. della luce, del telefono, Iva, Ici, irpef, ilor, Irpeg, ci mancava la bolletta per conoscere il destino giornaliero, che a conti fatti si conosce già: pagare giornalmente le bollette sopra indicate.
Buon anno.
Pubblicato su La Sicilia il 31.12.2010
Saro Pafumi

Salviamo Abele

Le ricorrenze civili in Italia si sprecano: ne ho contate una sessantina, più di una a settimana. Corpi militari, rappresentanze civili hanno la loro giornata della memoria. C’è persino la festa delle Unità N.B.C. che ricorre il primo luglio che nessuno sa cosa sia.
Tra le tante celebrazioni ricordate manca forse la più esenziale, quella a favore delle vittime. Vittime del lavoro, della strada, della malasanità, dell’incuria, della sopraffazione dell’ingiustizia, della malvagità umana. Se si dovesse celebrare la giornata delle vittime forse non basterebbe un’intera settimana. Tante, troppe le vittime da commemorare.
In Italia il Partito radicale ha costituito il movimento: “ Nessuno tocchi Caino” che ha per scopo la moratoria sulla pena di morte e, si spera, la sua soppressione. Iniziativa lodevole, perché a nessuno, nemmeno allo Stato può essere riconosciuto il diritto di.
“ ammazzare”.
C’è un particolare: nessuno si ricorda d’Abele.
Una creatura innocente che incarna le vittime di tutte le ingiustizie. “ Salviamo Abele” deve essere la condanna di tutte le ingiustizie che si consumano quotidianamente: nei luoghi di lavoro, nelle strade, nelle case, nelle aule di giustizia, dovunque la sopraffazione , l’imperizia l’ignavia, la superficialità, l’egoismo si consumano nell’indifferenza generale.
Il primo fratricidio della storia si consuma con l’uccisione d’Abele, ma si perpetua con la risposta data a Dio che gli chiedeva notizie del fratello: “ Sono forse il custode di mio fratello?”. In questa risposta perfida c’è l’anticipazione dell’insensibilità umana e la premessa d’ogni male, perché neanche il fratello è considerato il proprio “prossimo”. Se salvassimo Abele o solo se ci provassimo sarebbe il migliore augurio per l’anno nuovo.
Pubblicato su La Sicilia il 30.12.2010
Saro Pafumi

domenica 26 dicembre 2010

La protesta sterile

A quanti non capita d’indignarsi apprendendo quanto guadagna un calciatore, un conduttore televisivo, un politico, un dirigente d’azienda, specie se quest’ultimo non scala il potere per meriti personali, ma spesso per favori politici. A chi obietta l’esosità di queste “remunerazioni” ( termine improprio) si risponde che è la legge del mercato che impone queste regole. Come se certe regole fossero i dieci comandamenti perenni ed immutabili. La nostra protesta a fronte di certe evidenti esagerazioni, si pensi alla pensione elargita ai deputati, dopo appena una legislatura, rimane un’espressione di volontà priva di qualsiasi effetto pratico e perciò del tutto sterile.
Sarebbe il caso invece che all’indignazione seguissero comportamenti univoci e concludenti, come per esempio non esprimere il voto, mirato ad un cambiamento di costume o non frequentare gli stadi finché gli ingaggi non siano riportati dentro l’alveo della normalità o cambiare canale se quel tale conduttore percepisce indennità sproporzionate al lavoro prestato. Ciascuno di noi è in grado di fare queste modeste riflessioni e comportarsi secondo quanto la propria coscienza gli suggerisce o il grado di disgusto lo coinvolge. Avviene, invece, che le nostre riflessioni rimangono sterili, le nostre proteste individuali o collettive non seguite da comportamenti concludenti e le infami e scandalose “remunerazioni”continuano ad essere corrisposte, nonostante qualsiasi individuale o generale disgusto. Il mondo cambia se c’è la volontà di farlo cambiare, perché in questi casi le soluzioni non sono demandate alla scienza, ma alla coscienza. Tutti ne possediamo una, basta sollecitarla e le soluzioni sono a portata di mano. Alla fine d’ogni anno faremmo bene a tracciare un bilancio dei nostri comportamenti, così come fanno le aziende, e adeguarli alle nostre convinzioni.
Pubblicato su La Sicilia il 27/12/2010
Saro Pafumi

giovedì 23 dicembre 2010

Un Natale diverso


Il Natale di quest’anno è magnificamente simboleggiato da quell’omino di stoffa vestito da Babbo Natale che si vede arrampicarsi, qua e là ai balconi delle case, per entrarvi non dalla porta principale, com’è naturale che sia, ma quasi furtivamente, perché inaspettato in quest’epoca di crisi. In questa sua scomoda, faticosa, inusuale posizione egli non porta nel sacco i soliti doni di cui è pieno il mondo, ma speranze, desideri, sogni di cui quest’umanità sofferente ha bisogno. Mi piacerebbe immaginarlo arrampicarsi sui tetti per portare ai tanti lavoratori ivi in attesa una parola di conforto e la promessa di un migliore avvenire. Mi piacerebbe vederlo arrampicarsi ai tanti campanili per chiamare a raccolta le tante persone scomparse; mi piacerebbe vederlo giocare a girotondo con i tanti bambini per infondere la speranza di credere nel futuro; mi piacerebbe vederlo girovagare per i mercati, deponendo, non visto, nella borsa della spesa dei tanti indigenti ciò che non possono acquistare: mi piacerebbe vederlo nelle corsie degli ospedali per restituire un sorriso agli ammalati, mi piacerebbe immaginarlo solitario e sorridente tra i banchi del parlamento per votare leggi sagge e sapienti. Intanto Babbo Natale ci ha regalato a Linguaglossa un nuovo parroco, giovane ed intraprendente, che ha profuso un’aria nuova e rigeneratrice. Finalmente in questo paese distratto e sonnolente qualcuno ha suonato la sveglia, segno che quando la volontà emerge dalla cenere le iniziative germogliano come fiori. Se questo è il dono, Babbo Natale non poteva fare scelta più gradita E’ nella concretezza delle cose che si misurano i doni e quando essi assumono le sembianze d’uomini retti e volenterosi i cuori si aprono alla speranza e il fervore che l’accompagna ha il suono delle campane a festa. Buon Natale.
Pubblicato su La Sicilia il 23.12.2010
Saro Pafumi

venerdì 17 dicembre 2010

Causa e vittime dei nostri problemi

Spesso noi lettori scriviamo su questa rubrica non risparmiando critiche contro questo o quell’amministratore per le tante disfunzioni che affliggono i cittadini. Critiche quasi sempre giustificate da problemi oggettivi, ma talvolta ingenerose contro chi, anche volendo, non riesce a risolverli non per mancanza di volontà o inettitudine, ma per ostacoli burocratici o difficoltà economiche o, diciamolo, anche per scarsa collaborazione civica. In queste critiche si spazia dalla difficoltà della circolazione nei centri abitati, alla raccolta della spazzatura, alla scarsa illuminazione delle strade, alla segnaletica, all’affissione selvaggia, al verde pubblico e così via. Lagnanze legittime e oggettive, ma speso contro obiettivi impotenti di fronte a problemi quasi insolubili. E’ facile protestare contro i Vigili urbani che non intervengono contro le auto in terza fila o in prossimità degli incroci; contro l’immondizia che invade le strade; imprecare e protestare contro la circolazione caotica delle auto nei centri urbani. Protestare è facile. Quanti di noi rinunziano a cercare un parcheggio lontano dal luogo di destinazione, per non farsi “quattro passi a piedi?”; quanti di noi si attengono al codice della strada rinunziando a transitare in senso vietato?; quanti di noi depositano il sacchetto della spazzatura fuori orario o nei posti più impensati?; quanti siamo disposti a lasciare l’auto a casa, riluttanti a privarci di questo comodo (?) mezzo di comunicazione? Quanti di noi vorrebbero vedere ben curato il verde pubblico, ma non disdegnano di sporcarlo con cartacce, contenitori d’ogni genere e cicche?. In quasi tutti noi c’è l’abitudine di delegare agli altri la soluzione di tutti i problemi, alcuni dei quali contribuiamo a crearli noi stessi. Per usare un esempio improprio, mi sembra che tutti siamo disposti a sederci attorno ad un tavolo per mangiare, ma nessuno disponibile ad apparecchiare o a lavare i piatti. Ci deve essere sempre qualcuno che raccolga i nostri avanzi o risolva le conseguenze delle nostre cattive abitudini. Recita un vecchio proverbio cinese: “ Se ciascuno spazzasse dinanzi alla porta di casa sua, il mondo sarebbe più pulito”. Il problema è che noi la scopa la vogliamo vedere nelle mani degli altri, se in quelle degli amministratori, ancora meglio. Non li abbiamo eletto, forse, per servirci?
Pubblicato su La Sicilia il 17/12/2010
Saro Pafumi

martedì 14 dicembre 2010

La crisi politica vista un elettore

Le attuali vicende politiche, come se non bastasse la risaputa disaffezione dell’elettore verso la classe dirigente, hanno inferto un colpo mortale alla sua attendibilità. Un gioco al massacro, quello attualmente posto in essere, difficilmente comprensibile dall’opinione pubblica, per come le vicende lo evidenziano. Comprensibilissima la posizione dell’opposizione che, approfittando dello sbando della maggioranza, tenta in tutti i modi di dare la spallata finale al governo. Inspiegabile invece la posizione delle forze di maggioranza o meglio di una parte di essa che non sembra sia riuscita a rendersi credibile sul futuro che intende costruire. Le elezioni politiche segnano il momento più importante nella vita politica di un paese, perché attraverso il voto, il popolo consegna il potere nelle mani di chi crede meritevole di questo ruolo. La stabilità, pertanto, è l’elemento fondante del mandato elettorale, perché senza stabilità è impossibile la realizzazione di qualsiasi programma. L’instabilità, qualora si manifesti, dovrebbe originarsi da cause sopravvenute, straordinarie ed imprevedibili, ma di esse non c’è traccia nell’attuale situazione politica, con la conseguenza dell’incomprensibilità che consegue. A meno che l’attuale crisi non si voglia convogliare in una guerra di posizione politico-egoistica che nulla ha in comune con la crisi invocata e sbandierata.
L’apertura di una crisi non giustificata da fatti certi e concreti genera disorientamento in quella parte dell’opinione pubblica che vede nella stabilità il baricentro d’ogni elezione. Per cui non c’è da stupirsi se va incrementandosi l’esercito degli indecisi e/o degli scontenti di questa politica.
Quando il voto espresso degli elettori perde la sua funzione di scelta e di stimolo è la democrazia che soccombe. Se veramente il popolo è sovrano, si riconsegni ad esso il potere di scelta, analizzando esso le ragioni della crisi, premiando o penalizzando quelle forze politiche che l’hanno subita o determinata, ma soprattutto spiegandola agli elettori senza reticenze o ipocrisie.
In politica, forse, sarebbe il caso d’introdurre per la durata dell’intera legislatura, “il vincolo d’indissolubilità” come nel matrimonio religioso, o la regola che regge il conclave dal quale si esce eletto il papa o il più semplicistico motto laico: “Tutti a casa”, in caso d’inadeguatezza della classe politica.
Pubblicato su La Sicilia il 14.10.2010
Grazie. Saro Pafumi

venerdì 10 dicembre 2010

Piano Provenzana, finalmente parole chiare

“Meglio tardi che mai” verrebbe da dire, leggendo il chiarissimo servizio ( La Sicilia del 025/12) di Casabianca sulle cause del ritardo nell’attuale stagione sciistica a Piano Provenzana. Finalmente una diagnosi convincente di cui si sentiva bisogno, sollecitata anche su questa rubrica. Nell’articolo nulla che non si sapesse già, con la differenza che la verità scritta è finalmente emersa spazzando dubbi, incertezze, reticenze, interpretazioni e corroborata da brani di corrispondenza tra la Star e una ben definita parte politica molto eloquenti e indicativi. Nulla che non si sapesse dicevamo, perché “ l’escursus” contenuto nell’articolo di Casabianca correva di bocca in bocca tra i cittadini di Linguaglossa ai quali erano persino noti i brani talvolta risentiti, talvolta forti della corrispondenza riportata A questo punto ci chiediamo: era necessario arrivare a tanto, senza trovare un’ipotesi d’intesa su cui elaborare uno schema d’accordo tra il Comune e la Star? Ci sia consentito di dire in qualità di semplice cittadino che la posizione della Star è oltremodo ragionevole e persuasiva, per due ordini di ragioni. La durata del contratto di concessione che deve essere ragionevolmente lunga per ammortizzare le spese di ricostruzione e l’esclusiva dell’impiantistica in capo alla stessa Società, perchè non è pensabile la frantumazione gestionale d’impianti che hanno bisogno di “girare” con la stessa regia di comando. Se qualcuno intravede a favore della Star un potere di dominio si adoperi perché altri operatori si affaccino sullo scenario turistico dell’Etna Nord.
A Linguaglossa, se lo sguardo di alcuni è rivolto al suo interno, non ci sono i mezzi economici per affrontare la ricostruzione, a meno che non si pensi a cordate già peraltro sperimentate, ma che in quest’occasione per incomprensibili ragioni ( ma non tanto), sono rimasti alla finestra a guardare. Il Comune giova ricordarlo ha il suo potere di forza nel rilascio delle concessioni, ma resta un potere debole, perché “le concessioni” sono scatole vuote che tali rimangono se non riempite di contenuti da società o privati disposti a scommettersi. E in questi casi di soldini ce ne vogliono a iosa. E allora anziché fare melina o denunziare “meschinità” sarebbe opportuno sedersi attorno ad un tavolo e trattare, magari fissando l’attenzione sulla forza lavoro che dovrà e non potrà non essere in gran maggioranza del luogo.. A meno che, e qui casca l’asino, il rilascio delle concessioni non si prefigga la ricerca di consensi politici che la Star non può promettere. Sfortunatamente anche quest’aspetto entra nel gioco, dimenticando che il consenso politico della cittadinanza di Linguaglossa è legato al decollo della ricostruzione indipendentemente da chi n’è l’autore o gli autori. Un ulteriore contributo di chiarezza sullo stesso argomento è dato dal lucido articolo sulla stessa Sicilia del 02/12 a firma A.Piraneo. E’ l’ulteriore dimostrazione, qualora ce ne fosse bisogno, dell’importanza che l’Etna riveste per l’economia della provincia catanese, spazzando gelosie e invidie tra i due versanti Nord e Sud, deleterie, meschine ed infruttuose. Era ora che se ne parlasse e scrivesse così chiaramente ed autorevolmente perché a volte le coscienze preferiscono sonnecchiare o collassare per altri fini o non riuscire a vedere oltre al proprio naso.
Pubblicato su La Sicilia 11.12.2010
Saro Pafumi

domenica 5 dicembre 2010

Il debito pubblico italiano

Mio padre, buonanima, segretario politico e podestà a Linguaglossa al tempo del defunto periodo fascista, dopo l’occupazione alleata, subì, su iniziativa degli inglesi, quattro mesi e mezzo di campo di concentramento in quel di Priolo. Liberato, fece ritorno a casa con l’obbligo di presentarsi presso la caserma dei carabinieri con assiduità settimanale.
Per ricordarsi d’osservare l’obbligo impostogli, affisse nella camera da letto un grande cartello con su scritto: MERCOLEDI”, il giorno in cui settimanalmente doveva presentarsi al cospetto delle forse dell’ordine. Io, piccolino, non capivo il significato di quel cartello, né mi fu mai spiegarlo, salvo a scoprirlo all’età della ragione.
Sono del parere che certi cartelli o messaggi vadano tenuti ben presenti nella memoria di ciascuno di noi, perché leggendoli giornalmente aiutano a capire la realtà che viviamo o i pericoli che corriamo. Del resto le strade sono piene zeppe di cartelli stradali, messi lì per ricordarci certi obblighi da osservare.
Perché questa premessa? Perché sarebbe il caso che a noi italiani fosse ricordato in ogni momento della nostra esistenza il debito pubblico che è il più alto o quasi dell’intero pianeta ( 1.850.00 miliardi d’euro che moltiplicato per duemila risulta intraducibile in lire), destinato ad aumentare di 150.000 euro al minuto.
Ben vengano quindi cortei, cartelloni, manifestazioni, rivendicazioni, con il proposito di strappare nuovi stanziamenti a favore delle categorie che protestano, ma sarebbe giudizioso ed opportuno ricordarci del debito pubblico che essendo di tutti i cittadini, finisce curiosamente con l’essere di nessuno. E qui sta l’illusione. L’Italia di fatto è ristretta in un virtuale campo di concentramento, osservata a vista dalla comunità europea, con l’obbligo di presentarsi periodicamente per rispondere della propria economia. Come faceva mio padre ogni mercoledì, per rispondere della sua condotta. Da piccoli certe cose non si capiscono, ma all’età della ragione è necessario spiegarcelo?
Pubblicato su La Sicilia il 06/12/2010 Saro Pafumi