sabato 10 novembre 2012

Io, precaria vorrei essere REX

Da La Sicilia dell’otto novembre 2012 pagina 27




la storia

E’ uno sfogo pieno di rabbia, d’accordo. La rabbia di chi è stata calpestata dalla vita in tanti modi. Ma è soprattutto la voce di chi, nonostante tutto, tenta di rialzarsi, ma viene messo a terra, ancora una volta, dal sistema. Un sistema che sforna precari e rende precari a vita. Stroncando sul nascere le legittime aspirazioni di tanti giovani. Al punto da preferire – come la nostra lettrice -- essere un cane.



“Vorrei chiamarmi REX, come il pastore tedesco della serie televisiva, anche se non ho quattro zampe. Qualcuno, a posto di mia madre che mi abbandonò ancora in fasce, decise di chiamarmi Claudia. Senza saperlo predisse il mio destino, perché sono zoppa, come indica l’origine del mio nome. Se avessi potuto sceglier io, avrei voluto chiamarmi: RELI’, diminutivo di relitta, ma questo appartiene al passato. Oggi invece vorrei chiamarmi REX, come il cane appunto e vivere la sua stessa vita, mentre mi tocca di vivere quella di precaria con 400 euro al mese. Non conosco cosa siano il Natale e le altre feste comandate, non perché mi manca la fede, ma perché non ho amici o parenti con cui festeggiare. Vorrei chiamarmi REX, perché anch’io come REX adoro i panini con i Wurstel, un lusso che non posso permettermi. Un cane, a volte, ha più privilegi di una povera precaria, imbarazzata persino di mostrarsi in pubblico affagottata. Anch’io vorrei poter vivere come REX, ma a me precaria, questa sorte è negata. Non aspiro come REX, che nel settembre del 2006 impalmò la sua LADY, un matrimonio da favola con tanto di sindaco, ricevimento e torta nuziale. A me basterebbe un semplice rinfresco e un Claudio non importa se anch’egli zoppo e precario, purché realizzi il mio sogno di maternità. Ma sono precaria. Qualcuno mi ha spiegato che il termine precario deriva dalla voce latina “prece” che significa preghiera, con la quale i contadini questuavano alla nobiltà la terra da coltivare. Un bel salto all’indietro non c’è che dire per noi precari. Anch’io oggi ho la mia “prece” da fare: Sognare di chiamarmi REX, avere un bel manto fulvo, quattro zampe e lasciare alle ortiche il mio stato di precaria”.

Lettera firmata



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