Cara cassetta (della posta),
in metallo, legno, ghisa che tu sia, quanto impegno nello sceglierti e curarti che, appesa al portone di casa il mio nome ben inciso portavi, fiera, sul tuo ombelico. La sera, al mio rientro a casa, il mio primo pensiero era d’esplorare nel tuo ventre alla ricerca di lettere o cartoline d’amici che rinfrancassero la mia mente o sollevassero il mio spirito. Tu, statica e muta, scrutando, furtiva, il mio volto, capivi se la missiva che custodivi era per me di gioia o di dolore. Ospitale com’eri, non rifiutavi nessun foglio, segretaria discreta, lettere o tasse che fossero. Oggi, purtroppo, quando apro il tuo ventre, non trovo più messaggi scritti di amici, parenti o conoscenti, che altre aride vie informatiche hanno scelto per notiziarmi (sms. i.mail. fax), ma depliants, brochures, avvisi pubblicitari che farciscono il tuo ventre, fino a soffocarti, chè lingua di carte attorcigliate mostri fuor dalla bocca, come d’impiccata. Da amica, che eri, confidente e riservata, sei ritornata a essere solo una cassetta inanimata in metallo, in legno o in ghisa che tu sia. Il mio nome che, sbiadito, porti ancora scritto sull’ombelico è solo ricordo di un’amicizia finita, d’un vincolo d’amore passato. Da custode e messaggera di notizie, sei diventata semplicemente una cassetta in legno, in metallo, in ghisa, inanimata, qual ’eri, come ti ho conosciuto, confusa e mescolata tra mille disordinate ferramenta impolverate. Pubblicata su La Sicilia il 14.09.2011. Saro P
Nessun commento:
Posta un commento