domenica 28 agosto 2011

La cacca dei piccioni garantita dalla legge


V i ricordate tanti anni fa quando i contadini coltivavano a grano ogni fazzoletto di terra, per sfamarsi? Nelle assolate giornate estive col campanaccio in mano, il contadino seguiva il volteggiare dei passeri che a migliaia aggredivano le spighe del “suo” grano, perché il problema della fame li riguardava come e più degli uomini. Quando stanco di scampanare e di arrostirsi al sole il contadino faceva ritorno a casa “la guerra tra poveri” continuava con lo spavetapasseri che le sembianze di un Cristo in croce aveva, perché sofferenza, fatica, ingiustizie nel segno della carne trafitta hanno il loro simbolo. Oggi quest’impari lotta tra gli uccelli e l’uomo si è trasferita nelle citta, dove migliaia di piccioni scorrazzano indisturbati col campanaccio tra gli artigli, perché sono loro, a parti invertite, ad allontanare l’uomo dal loro habitat naturale, in ciò amorevolmente protetti dalla legge A simiglianza di ogni valore che capovolto s’è in quest’epoca di morali mollezze, non è più l’uomo al centro dell’universo, ma altre creature per troppo tempo “cacciate” o trascurate Quell’uomo di cui ci siamo terribilmente dimenticati, animale tra gli animali, offeso, calpestato oltraggiato financo “bombardato”, tutte le volte che è di ostacolo a determinati interessi economici (petrolio in prima linea). Se un desiderio ci accomuna in quest’epoca di improvvide certezze è di vestire le penne di un piccione qualsiasi con i suoi diritti, difese e prerogative, negati all’uomo. Ove ciò fosse di troppo, la certezza, almeno, di non essere bombardato a casa propria, dove l’interesse petrolifero, vale più di migliaia di vite umane, mentre da noi la cacca d’un piccione è costituzionalmente garantita meglio e più di qualsiasi diritto umano ( La Sicilia 25.08 pag.36).
Pubblicata su La Sicilia il 28.08.2011. Saro Pafumi

venerdì 26 agosto 2011

Come individualmente si può combattere la mafia

Cosa sia la mafia e i danni che procura alla società intera ci sono stati spiegati in tutte le salse. Individualmente operiamo in modo da portare il nostro personale contributo quest’annosa, difficile lotta? Ritengo di no, per le ragioni che cercherò di esporre brevemente. Quante volte ci capita di sentir dire: “quell’esercizio è nelle mani della mafia (o della criminalità organizzata) ", intendendo per “esercizio” una pizzeria, un ristorante, un bar, un supermercato, un centro commerciale, per fare alcuni esempi. Nulla che comprovi ufficialmente tale appartenenza, s’intende, giacché, in caso di prove inconfutabili, i rigori della legge entrerebbero in funzione. Se anche le prove mancano, ciò che percepisce l’opinione pubblica a volte è più scontato che mille sentenze, perché se c’è un detto che in ogni epoca e a tutte le latitudini non ha subito mai smentite è: "vox populi, vox dei”. Quale l’atteggiamento che abbiamo a fronte di simili illazioni-certezze?: l’indifferenza. Continuiamo a consumare la pizza in quel dato esercizio, o a riunirci festosi in quel dato ristorante o a fare la spesa nel supermercato “segnato”. Anziché isolare chi è “in odor di mafia” con i nostri comportamenti, indifferenti e superficiali, contribuiamo a foraggiarne l’attività. Si potrà obiettare che questo tipo di cultura non è degno di un paese civile, perché antepone alle certezze il sospetto. Può darsi. Poiché non siamo in campo giuridico, dove vige la regola della non colpevolezza fino a prova contraria, in casi sospetti sarebbe opportuno mettere in essere “la strategia dell’attenzione dubitativa”, evitando ogni rapporto d’affari. Una forma di puritanesimo, molto in voga nei paesi d’ispirazione anglosassone, dove in certi campi e per certe materie vige un moralismo intransigente: una dottrina essenzialmente calvinista, che, in certi casi, non solo è opportuna, ma necessaria. Anche così sii combatte la mafia, ma da noi questa cultura è lontana anni luce.
Pubblicata su La Sicilia il 26.08.2011 Grazie. Saro Pafumi

giovedì 25 agosto 2011

Un fiore al giorno:daucus carota


Ogni giorno inavvertitamente ci capita di calpestare una miriade di fiori selvatici, mentre disattenti camminiamo per le strade. Passiamo oltre senza degnarli di uno sguardo, non sapendo quello che perdiamo della loro bellezza, sol che ci fermassimo a osservarli. Da maggio a dicembre lungo le nostre strade cigli polverosi ospitano numerosi e inosservati fiori di “daucus carota”, detta volgarmente “vastunaca ”o carota selvatica.
Non mi dilungo a descrivere il fiore, che, chiunque. digitando il nome su internet. può trovare, ammirandolo, ricavandone descrizione e impieghi ecc. Mi preme piuttosto sottolinearne la bellezza ignorata: un ricamo fatto di minuscoli, delicati fiori, ai quali forse si sono ispirati i creatori dei fuochi pirotecnici, i pittori che si deliziano di miniature o le nostre nonne impegnate a lavorare di uncinetto ai quali il fiore incredibilmente somiglia. Una particolarità curiosa che non sfugge all’attento osservatore è quel suo minuto fiore centrale rosso scuro quasi fuori posto, che, unico, “esplode” solitario ed esttroso tra il candore che lo circonda. La natura talvolta sembra divertirsi a essere originale, col suo estro creativo unico e impareggiabile che l’uomo si affanna a imitare. Spesso la bellezza non è rappresentata solo dai fiori coltivati, noti e profumati, ma si nasconde tra le pieghe della natura selvaggia, quella appunto che ci mettiamo sotto i piedi tutti i giorni, senza sapere cogliere il fascino umile, misterioso e mistico che inutilmente essa ci trasmette. Se vi capita d’incontrare “ a vastunaca”, che fiorisce ignorata solitaria, altera e abbondante lungo i cigli stradali del nostro territorio, fermativi, coglietela e osservatela: scoprirete un autentico tesoro, ai più sconosciuto, che la natura generosamente ci regala, senza chiederci nemmeno un sorso d’acqua, seppur assetata di rispetto. Osservare la natura è un modo per aiutarci ad amarla.
Saro Pafumi

domenica 21 agosto 2011

Rendere pubblica la tabella degli onorari

“Scusi, quanto le devo?” è la domanda d’obbligo che il cliente rivolge al professionista dopo il consulto o parere. Se il cliente non è adeguatamente “preparato”, spesso si può rendere necessario il suo ricovero al pronto soccorso, difronte all’esosità di certe richieste. Nono sarebbe “cosa buona e giusta” per evitate spiacevoli sorprese, che il professionista, rendesse pubblica la tabella degli onorari, necessariamente obbligatoria in qualsiasi operazione di scambio prestazione-prezzo? E giacché ci siamo, non sarebbe auspicabile la “rintracciabilità” del consulto o parere, mediante una prenotazione necessariamente scritta, anche al fine di evitare la risposta del professionista che alla domanda: “Quanto le devo?” debba aggiungere: “ con fattura o senza?” (nel qual caso si risparmia l’Iva e conseguentemente si evadono le tasse). Poiché in Italia il buon senso non è di casa, speriamo che ci pensi l’Unione Europea, sempre pronta a ricordarci i nostri limiti e i nostri obblighi.
Pubblicata su La Sicilia il 21.08.2011. Saro Pafumi.

mercoledì 17 agosto 2011

Troppo facile lamentarsi

In questa rubrica scriviamo spesso lamentele, segnalazioni, inviti, proteste quasi tutti rivolti alle autorità perché provvedano a eliminare, alleviare, risolvere questo o quel problema. Un compito, quello del lettore, facile ed agevole, in sintonia col detto: “ u cumannari è megghiu du….”. E così si denunzia l’amministrazione che non elimina le buche nelle strade: che la spazzatura incombe nelle vie; che l’illuminazione è scarsa o mancante; che la circolazione è caotica e si potrebbe proseguire all’infinito, come infinite sono le lamentele che in definitiva parole sono, spesso, ahimè, non accompagnare da comportamenti concludenti da cui quegli inconvenienti fioriscono come malapiante. Chi amministra, salvo casi di azioni inconcludenti o colposamente dilatorie è in genere ispirato da sani propositi che nella realtà, il più delle volte, si scontrano con mille ostacoli,: difficoltà di bilancio, leggi da osservare, lungaggini burocratiche, veti vari e naturalmente, poiché siamo in democrazia, la ricerca del consenso a tutti i costi che spesso determina immobilismo e/o soluzioni rabberciate. Quanti di questi problemi non potrebbero trovare soluzione sol che noi cittadini ci facessimo carico dei nostri obblighi e di tanto in tanto ci facessimo un esame di coscienza? A patto che i nostri difetti non trovino l’assoluzione come i peccati confessati, ma il fermo proposito di essere diversi. La “spazzatura” prima di chiedere che sia rimossa dalle strade, incominciamo a rimuoverla dalle nostre coscienze ed il mondo sarà più pulito. Vogliamo lavoro? il problema dei problemi. Incominciamo a cercarlo, magari non sotto casa o ad inventarlo, rassegnandoci a svolgerne qualcuno non perfettamente in sintonia col nostro carattere o le nostre aspirazioni. L’autoconvincimento, accompagnato da un serio esame di coscienza, condito da ironia, è la migliore ricetta per credere in se stessi e progredire. Ho un amico che ha iniziato a lavare piatti, adesso li fabbrica. A volte le idee più geniali sono come i fiori di loto che nascono nel fango.
Pubblicata su La Sicilia il 18.08.2011. Saro Pafumi

venerdì 12 agosto 2011

Le feste:abbasta ca gira a grana

Oggi le feste di paese si celebrano con i riti e le tradizioni di cinquant’anni fa: “i bummi, a banna, a prucissioni e naturalmente …..a solita mangiata”. Non sono contro le tradizioni che rappresentano le memorie e le testimonianze che ci hanno lasciato coloro che ci hanno preceduto, ma un minimo di conoscenza storica sul personaggio o santo da celebrare e un certo revisionismo sul modi di celebrarli vanno auspicati. Prendiamo ad esempio le feste religiose S. Egidio e San Rocco che si celebrano a Linguaglossa, per parlare dei fatti nostri, ma il discorso investe gli altri. Se chiedete in giro chi fosse Sant’Egidio, tutt’al più vi sentite rispondere: “chiddu ca ci desi u bastuni a vecchia ca firmau a lava”. Se fosse turco, greco o cipriota pochi lo sanno e il resto della sua vita per i più, è molto indefinito. Per San Rocco, raffigurato con accanto un cane con in bocca una pagnotta, le conoscenze sono più particolareggiate, ma quello che più colpisce sentendo parlare, in giro, di questo Santo, più che la sua vita, sacrificata per curare gli appestati, è la storia di quel cane che lo accompagna, come se fosse più importante la seconda rispetto alla prima. Conoscendo poco o niente del Santo da celebrare, la ricorrenza, mi si perdoni il tono che può sembrar blasfemo, diviene un semplice rito propiziatorio abituale, quanto insignificante. Per fare un esempio è come se, invitati al matrimonio di una coppia, non conoscessimo i protagonisti della cerimonia. A meno che la festa o ricorrenza non sia l’occasione , l’ennesima, per addentrarci nel solito consumismo irragionevole e sfrenato, al quale in definitiva si riducono molte celebrazioni: “abbasta ca gira a grana” si sente infatti dire tra una festa e l’altra. Agnosticismo, dissacrazione, tutto questo? Forse. Certamente brutale realismo.
Pubblicata su La Sicilia il 12.08/2011. Saro Pafumi

sabato 6 agosto 2011

I giovani tra illusioni, speranze e delusioni

Gratta e vinci, Lotto alle otto, casinò vari, concorsi a premi, estrazioni di notte e di giorno, Grande Fratello, L’Isola dei famosi e via discorrendo sono figli del nostro tempo. Una volta i nostri antenati, nell’affannosa ricerca d’assicurarsi il cibo per sopravvivere, aguzzavano il cervello inventando modi e sistemi sempre nuovi per rendere più facile la ricerca del cibo o la vita più comoda. Attraverso questo ricerca spasmodica l’uomo ha inventato la freccia per andare a caccia o l’amo per pescare ed anche la ruota per rendere agevole il suo cammino. Oggi che tutto o quasi è stato inventato, non ci resta che inventare il lavoro, che, come il cibo per i nostri antenati, scarseggia o manca del tutto. Gratta e vinci, Lotto alle otto, Grande fratello e L’isola dei famosi son le invenzioni moderne, ossia i mezzi per sbarcare il lunario quando le esigenze aumentano e le risorse per soddisfarle difettano. La differenza tra i nostri antenati e noi moderni è che con i primi il mondo andava avanti, nel senso che le invenzioni, frutto dell’intelligenza umana, facevano progredire gli esseri umani, oggi invece si assiste alla loro regressione, perché tutte queste “diavolerie” moderne c’insegnano che per fare l’attore non occorre andare alla scuola d’arte drammatica, e per assicurarsi una rendita di seimila euro mensili basta affidarsi alla fortuna. Quando la realtà spegne le nostre speranze, si accendono i sogni e i giovani più di tutti si affidano ad essi. Mentre il sogno è l’attività psichica che si svolge durante il sonno, quello dei giovani è la speranza che si vive di giorno “ in mille, in fila, al sole, per un posto nella casa del Grande Fratello”. Speriamo che per molti, tanti questo sogno non sia una bolla di sapone che esplode sotto il naso o il vento trascina via.
Pubblicata su La Sicilia il 02.08.2011.Saro Pafumi