venerdì 23 luglio 2010

RANDAGISMO, UN TERMINE DA AGGIORNARE




Ci risiamo. Con l’avvento del periodo estivo si ripiomba nell’incubo di sempre: l’abbandono del migliore amico dell’uomo, il cane. Un malcostume che trova la sua radice nell’egoismo umano, ma più propriamente nel consumismo, perché il cane da migliore amico diventa un prodotto di cui disfarsi, allorché diventa un problema: dove lasciarlo, quando si va in ferie. La soluzione più opportuna è, come al solito, la più banale, la più semplicistica, la più egoistica, la meno dispendiosa, ma insieme la più criminale: l’abbandono per strada. In tal modo si fomenta il randagismo, un’autentica piaga della società civile (?) d’oggi.
Il termine “randagio” è usato, secondo il dizionario, per un animale che vaga senza padrone. Il termine, però, andrebbe aggiornato per indicare un fenomeno un po’ più complesso come il comportamento di chi il fenomeno fomenta, agevola o semplicemente ignora.
Nel passato ogni Comune aveva tra il personale chi era preposto a tale compito ed in genere chi se ne occupava perdeva quasi il suo cognome d’origine per essere chiamato in gergo popolare “ u ‘gnaccacani ”. Munito di un’asta rigida, sormontata da un cerchio con catena, girovagava per le strade del paese e……pataffuti, il cappio si stringeva al collo del randagio intercettato.
Seguiva poi una trafila burocratica e se nell’arco di un mese nessuno andava al Comune a rivendicarne la proprietà, la sorte di quel cane era segnata.
Oggi “i ‘ngnaccacani” sono letteralmente scomparsi, i randagi abbondano, come abbondano i “padroni” che del cane si disfanno e i sindaci che il fenomeno non affrontano.
Poiché i casi tragici in quest’ambito non mancano, forse sarebbe il caso che le amministrazioni comunali, alle quali è attribuito il compito di combattere il randagismo se ne occupassero.
In caso contrario sarebbe opportuno che il dizionario aggiornasse il significato del termine “randagio” facendovi rientrare chi per legge abbandona il cane o chi deve combattere questa triste piaga ed omette di farlo. Chissà, metaforicamente parlando, quanti infedeli padroni di cani e sindaci si vedrebbero col cappio al collo.
Pubblicato su La Sicilia il 24.07.2010
Saro Pafumi

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