“ Mi dovete fornire due litri di latte al giorno, caldo, senza schiuma e alle sette di mattina” disse don Pippinu ‘ntisu “spaventu” che abitava a Linguaglossa a due passi dalla chiesa madre. Pronunziò l’ordine con tono risoluto e per mantenere le distanze diede del “voi”, al capraio che conduceva in pascolo le sue terre. U Zu Giddiu che vendeva latte appena munto con capre a seguito, quell’ordine aveva dovuto subirlo senza batter ciglia. “ Senza schiuma”, lo pretendeva don Pippinu, “ca scumazza” voleva fornirlo u zu Giddio. La differenza non era di poco conto, perché con quel po’ di “scumazza” ogni giorno ‘o zu Giddio, era riuscito a costruirsi mezza casa A fine mese quando u zu Giddiu presentava il conto a “scumazza” c’entrava e come, perché don Pippinu non era tipo da farsi infinocchiare. Le grida si sentivano in tutto il quartiere, perché è vero “ca a scumazza” c’era ma non nella percentuale che don Pippinu calcolava. Il nomignolo “ spaventu” a don Peppino gli era stato affibbiato dagli amici del circolo dei civili, perché non c’era discorso che non iniziasse o finisse, senza quel sostantivo: “spaventu! aumentanu i tassi”, spaventu! calau u prezzu du vinu; “un si ni pò più, chi spaventu!…..” U zu Giddio che "capraru” era, ma di cervello fino, aveva trovato il modo di vendicarsi con don Pippinu che secondo lui voleva “sparagnari” troppo "supra a peddi ‘i puvireddi”. A quel tempo le capre circolavano per il paese, munte sotto il portone di casa dei signorotti che il latte pretendevano, caldo e cremoso. Poiché le capre, come tutti gli esseri umani, fanno i loro bisogni, u zu Giddiu faceva in modo che defecassero proprio sotto il portone di don Pippinu, lasciandovi un tappeto d’escrementi che ogni mattina la serva si scomodava di rimuovere tra le imprecazioni del padrone che gridava: spaventu! ’un si ni po’ cchiù di stu zimmuru di capraru!”. Se ‘u zu Giddiu aveva perso “la battaglia da "scumazza”, don Pippinu non era stato vittorioso sull’altro fronte, perché quando u zu Giddiu passò a miglior vita, davanti al portone di don Pippinu le cose mutarono radicalmente. Non c’era più, è vero, quel tappeto d’escrementi che tanto faceva infuriare don Pippinu, ma nemmeno quel latte che adorava. La morte s’era portato via u zu Ggiddiu insieme al suo latte, che per don Pippinu, nato signorotto, aveva un sapore speciale, perché proveniva dal pascolo delle sue terre ch’erano “roba sua” come il latte che producevano le capre du zu Giddiu. Saro Pafumi
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