C’è crisi! C’è crisi !
Oggi se si va in giro, la locuzione più diffusa che si sente ripetere è: “ C’é crisi! C’è crisi. Un’ecolalìa ossessiva compulsiva che riguarda tutti. Mia nonna l’avrebbe definita “la solita tiritera. Che ci sia del vero, non è certo. Perché se si scende in fondo, si scopre che chi ti ha dato quella risposta è reduce da una crociera; ha cambiato auto con una nuova più costosa; è sedicesimo in fila, per una “Sette veli” e non salta giorno festivo che non acceda con famiglia alla vicina pizzeria, straboccante di folla. C’è crisi ! c’è crisi si legge sui volti, alla vigilia della domenica, per poi il giorno festivo, a bordo dell’auto, in fila indiana, raggiungere i Nebrodi, per andare a riempirsi la pancia tra quei monti colorati di verde e azzurro, dove da ogni pertugio si diffonde un lontano odore di arrosto, il nuovo incenso, che rigenera i sensi. E’ la nuova Mecca, dove, all’interno del territorio, non c’è la pietra nera (al-bagiar all’aswad), ma salsicciate di rigoroso suino nero, carne di montone alla griglia, salame, provole, tra deliri di vintage d’annata. Poi il millepiedi d’auto, dagli occhi di seta, fa ritorno a casa, nell’oscurità della vita che ci aspetta. Passata la festa, ritorna la solita, monotona ecolalìa: c’è crisi! c’è crisi! Non è colpa del solo lunedì, ma dalla nostra voglia di far funzionare la pancia, l’unico organo, muti gli altri, al quale si è impiccato l’uomo di oggi
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