domenica 28 novembre 2010

Linguaglossa e le sue palme morte


Chi nasce e vive in un piccolo paese, cresce assieme ad esso, quasi in simbiosi. Conosciamo di esso ogni angolo, ogni brandello remoto. Sappiamo per esempio, che girato un dato angolo, un generoso cespuglio di gelsomino, messo a dimora da mani sconosciute, ci donerà il suo profumo. Riconosciamo il suono delle campane delle chiese come fossero le voci dei nostri parenti. Ricordiamo le buche nei marciapiedi o le insidie di una mattonella smossa come se camminassimo sul pavimento di casa nostra. Degli alberi che adornano le strade conosciamo i nomi, sappiamo quali mani li hanno piantati, l’epoca della messa a dimora, la fioritura, come fossero figli nostri. Conosciamo, purtroppo, anche le piaghe che l’incuria ha arrecato al territorio, come fossero ferite inferte al nostro corpo. Il nostro paese è una seconda pelle cucita addosso che vive e muore con noi In quest’ultimi tempi alcune calamità hanno sfregiato il nostro habitat, non imputabili all’incuria umana, ma purtroppo all’inclemenza della natura. Parlo del “punteruolo rosso” che ha devastato le palme delle nostre piazze. Alzare lo sguardo e non vederle è come non incontrare più l’amico di sempre. Una presenza muta, quella degli alberi, che ci accompagna per un’intera vita, all’ombra della quale quotidianamente ci s’incontra, si chiacchiera e talvolta ci s’innamora.
Il vuoto che questi alberi secolari hanno lasciato, morendo, non è solo un lembo di terra che ha smesso di respirare, ma una parte di noi che ha cessato di vivere, talvolta persino un sostegno amico venuto a mancare. Un paese senza i suoi alberi secolari è un paese senza memoria, un corpo monco dei suoi organi vitali. Sconosco quali siano i progetti dell’amministrazione comunale per sopperire alla loro mancanza, ma mi auguro che menti pietose stiano immaginando come riempire il vuoto lasciato. Il desiderio di tutti è rivedere irte e superbe le nostre palme ( punteruolo permettendo) come se la loro morte fosse stata un brutto sogno. O immaginare come nelle favole che il loro sacrificio servirà all’intera comunità linguaglossese per adoperarsi con un piccolo sforzo economico per la loro rinascita. In fondo le palme, quelle palme sono ancora vive nei nostri cuori.
Pubblicato su La Sicilia il 29/11/2010
Saro Pafumi

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