domenica 12 novembre 2023

Perché scrivo.

 

Perché scrivo.

 

La parola è il clacson del cervello, il mezzo con cui l’uomo trasforma il silenzio del pensiero in voce, ma anche l’esigenza dell’anima che esploderebbe in delirio senza il veicolo della comunicazione orale.

Le poche o molte lettere che in due anni ho elaborato sono semi che il mio pensiero ha sparso nel suo vivere quotidiano. Voci, appunto.

Lettere nella forma, ma pur sempre pensieri, parole a cui, in parte, ho incollato le ali della pubblicazione giornalistica, altre invece che ho appeso al chiodo di una virtuale parete domestica, per restare macchie d’inchiostro, schizzi dell’anima, che oggi schiodo per farne, immodestamente, partecipe il lettore.

“Dal mio punto di vista” vuole essere un insieme di messaggi su argomenti quotidiani affidati al becco di un ipotetico uccello che, svolazzando fuggente, lascia cadere tra la folla dei lettori, pur nell’amara consapevolezza che tutti o quasi si depositeranno sul terreno arido dell’insipienza umana o nello sterile humus dell’indifferenza.

Talvolta però le parole inascoltate, disattese, non capite o sotterrate nell’oblio, se sgusciate dall’involucro che le avvolge, contengono semi di verità, che col tempo potranno divenire “jabbâra” (germogli), perché anche le parole hanno un’anima.

Questo è almeno l’augurio che si fa chi parla o scrive per gli altri.

Non è forse il caso di questo mio scritto relegato ad essere coltivato in un immaginario orticello personale, ad uso e consumo di chi lo accudisce, ma aperto a chi vuole accedervi, a condizione che impari a rispettare le opinioni altrui, anche quando non collimano con le proprie.

Spesso però l’esperienza ci dice che le parole vanno scritte sulle pietre, perché quando diventano petizioni inascoltate, grida di dolore, esse più che pronunziate, vanno scagliate contro quanti sono o vogliono essere sordi.

 

 

 

Nessun commento: