martedì 22 agosto 2023

Diagnosi di un Paese in crisi

Diagnosi di un Paese in crisi.

Spesso si sente dire nei bar, in famiglia, in piazza, tra amici: “perché questo paese è caduto così in basso?”.

Cerchiamo la risposta lontano, che, invece, è dentro di noi.

Quattro sono in sintesi le cause di questa deriva.

Mancanza del senso di comunità.

Scarsa propensione a investire.

Inettitudine di chi ci governa.

Assenza di valori.

Occorre ammettere che oggi si è disintegrato il termine ‘comunità’: intesa come persone tenute insieme da vincoli di affetto, d’interesse, d’ideali. Sono venute meno, in ordine: la famiglia, la Chiesa e la comunità civile, quell’insieme d’individui o fedeli, governati da leggi, regolamenti e valori. È  venuto meno il concetto di “unione”che è alla base di ogni società.  La disgregazione è la naturale conseguenza. In un’epoca in cui si ha paura di tutto e non si crede in niente, la seconda conseguenza è la scarsa fiducia nel futuro, per cui l’individuo (e più oltre la società, intesa questa come solo entità numerica), si chiude a riccio, al fine di preservare la propria esistenza o per meglio dire la propria sopravvivenza, evitando di mettere a rischio ciò che si possiede o prevenendo eventuali pericoli. La “stagnazione” è la naturale conseguenza. Chi dovrebbe guidare la ‘comunità disgregata’ in questa corsa alla deriva non ha capito o non capisce questo naturale istinto alla conservazione e non mette in atto nessuna azione concreta per attenuarlo o convogliarlo verso forme di vita più speranzose. Chi ci governa, al contrario, alimenta col suo comportamento questo senso di smarrimento collettivo. Da qui quel naturale istinto alla diserzione, come rinunzia al voto o alla defezione, come abbandono d’ideologie e/o valori, in atri tempi punti di riferimento irrinunciabili per ogni società che possa definirsi tale. Il “Relativismo” di cui tratta Benedetto XVI altro non è che un aspetto deteriore di questa disgregazione d’individui e valori. Egli citando Ludwig Wittgenstein sostiene che il relativismo diventa regola, secondo cui’ l’unica cosa che ha senso è che nessuna cosa ha senso’: né le leggi, né la morale, né la religione, né la politica.“Il relativismo diventa una ‘dittatura’ con la conseguenza che ‘l’unico dogma è che non ci può essere un dogma: l’unica disciplina è che non ci deve essere disciplina; l’unica autorità ultima è che non ci deve essere autorità; l’unica cosa che ha senso è che nessuna cosa ha senso”.Siamo più o meno in un baratro e se alziamo la testa per guardare all’insù non scorgiamo un lembo di cielo, ma un buco nero che ci opprime e deprime. Saremmo indotti a pensare, nei rari momenti di speranza, che “è tutto bene, quel che finisce in bene!” Ma ecco riemergere il dubbio: quale bene?È il Relativismo la radice di ogni male. La corruzione, la disaffezione la ribellione, la diserzione, la defezione non sono altro che gli effetti di questa moderna patologia sociale Il grido di dolore lanciato da Benedetto XVI non è stato accolto, impegnati come siamo a difendere la casa in fiamme, ignari che è la casa comune, ossia la società tutta che brucia.

Tratto da “ Jabbara” di Saro Pafumi



 

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