domenica 24 aprile 2016

" A poi" avverbio senza tempo



“A poi”, avverbio senza tempo
Nel linguaggio verbale siciliano l’avverbio “a poi” è molto usato: denota relazione temporale posteriore. Lo troviamo in frasi come: a poi nni videmmu. a poi  ciù dicemmu, a poi u facemmu, a poi si nni parra  e simili. A prima vista questo modo di relazionarsi con gli altri può sembrare ovvio e sta a indicare che una tale azione è rimandata nel tempo. E' la caratteristica del linguaggio siciliano : l’assoluta indeterminatezza a definire il “quando”, che rimane sospeso, senza limite di tempo, palesemente ambiguo. E’ un’espressione verbale che usiamo sovente, quando alle prese con la soluzione di un  problema o di un appuntamento, che non condividiamo, anziché dire: non se ne fa niente, aggiriamo l’ostacolo trincerandoci dietro “quell’a poi”  che più che un avverbio di tempo è un avverbio “senza tempo”. Noi siciliani abbiamo il potere di trasformare un avverbio in una metafora, la “ sospensione”, che consiste nel lasciare volutamente interrotto un discorso per non affrontarlo. Una preziosità linguistica estranea agli altri idiomi, ossia un potere di sintesi, meglio ancora una forma lessicale involuta che consente a chi è reticente di usare parole o espressioni ambigue.” A poi” rientra tra queste e contrariamente a quanto si possa credere,  è molto usato nel linguaggio verbale siciliano, che, per sua natura, si presta ad essere un linguaggio ricco di allusioni e metafore, talvolta ambiguo, come  la vita di tutti i giorni, che ci sforziamo di vivere. Saro pafumi.FB 28.09.2015 Pubblicato su La Sicilia il 04.10.2015

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