domenica 24 aprile 2016

Come portare la propria croce



Anziché portarla, la croce  va brandita come un’arma.
Un tizio vedendo un uomo trascinare una croce legata a una corda, lo riprese dicendogli: “ A cussì porti a cruci”? Questi sentendosi rimproverare si mise la croce sotto le ascelle. “, A cussì porti a cruci” lo riprese di nuovo Tizio. L’uomo cercando di porre rimedio all’osservazione, questa volta si caricò la croce sulle spalle. “ A cussì porti a cruci?” lo riprese nuovamente Tizio. “Insomma, come devo portare la croce?” interloquì l’uomo che portava la croce. “Tenendola con le braccia alzate e a testa alta, perché chi tiene la croce, non deve vergognarsi di portarla, ma farsene una ragione” proseguì Tizio. Portare la propria croce, significa vivere il proprio calvario e nessuno sa meglio di noi siciliani cosa significhi portare la propria croce, fatta di mancato sviluppo, di promesse tradite, di risorse rubate, di politici corrotti o ignavi. Se fossimo orgogliosi di sentirci siciliani, la nostra croce dovremmo portarla a testa alta. Purtroppo siamo rappresentati da politici locali che ci fanno vergognare di portare la nostra croce e nessuno di noi ha imparato come portarla. Anzi per certi versi ci nascondiamo dietro la croce, dichiarandoci vittime ora di questo, ora di quel potere, che ci opprime o deprime. Forse è giunto il momento anziché di portare la croce, di brandirla come un’arma, per sconfiggere la nostra indifferenza, la nostra apatia, il nostro atavico vittimismo, in una parola di affermare il nostro diritto di esistere entro i confini di una nazione in cui la Sicilia non sia considerata un’isola, un’appendice geografica, ma parte integrante di una società e con pari dignità. La nostra atavica sonnolenza  e indolenza a costruire il nostro destino, ci fanno apparire inerti o rassegnati, ma nessuno si chiede di sapere il peso della croce che portiamo sulle spalle, che non  è lieve o irrilevante, perché c’è di mezzo la nostra dignità. Le apparenze spesso ingannano, perché come recita un vecchio adagio: “Cu ti pari ca dormi e si ripusa (non fa niente), porta a cruci chiù lausa”. L’importante, pertanto, non è abituarsi a portare la croce, come, da secoli, facciamo noi siciliani, ma imparare a farsene una ragione. Saro pafumi. Pubblicata su La Sicilia oggi 02.08.2015 FB 02.08.2015

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