venerdì 10 febbraio 2012

Sant'Agata e......altro

In Sicilia abbiamo il privilegio di fare entrare la mafia in ogni manifestazione pubblica, dai concorsi, agli appalti, persino come si legge su La Sicilia (0/702) alle festività religiose. Una contaminazione che inquina e travolge, persino la fede, quand’essa non è quella che scaturisce dall’anima, ma dalla pancia. Si può evitare tutto questo? Un appalto si può annullare, un concorso si può rifare, la festa di Sant’.Agata non ammette compromessi. Va fatta così com’è, infiltrazioni mafiose comprese (se ci sono) perché Sant’Agata è la patrona di Catania, quindi di tutti i catanesi, delinquenti compresi. Anzi per certi versi la festa è o dovrebbe essere ispirata a recuperare “l’errante”, non chi nella fede o per la fede vive. Se poi “l’errante” non si redime, nonostante la (sua) Sant’Agata” è un problema d’individualità, non certamente di generalità dei fedeli. Ammesso per assurdo di potere eliminate la mafia durante le festività agatine, cosa cambia nel tessuto sociale di una città se la presenza della mafia è viva e vegeta nel resto dell’anno? Si deve chiedere il certificato antimafia anche a chi entra in Chiesa? Se, poi, come si legge, le accuse rivolte ai mafiosi sono legate alle scommesse sull’orario di rientro del fercolo e facezie del genere non c'è nulla di scandaloso. In Inghilterra si scommette se la Regina Elisabetta lunedì indosserà il cappellino color fuxia. Se le infiltrazioni riguardano invece l’organizzazione della festa, mi si perdoni l’ironia: chi organizza non può distogliere un momento la sua attenzione dalla Santa e concentrarsi sui componenti o sui modi di svolgimento del rito? Magari la mafia si limitasse alle festività agatine! Sarebbe questo il vero miracolo di Sant’Agata.
Pubblicata su La Sicilia 09.02.2012. Saro Pafumi

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