domenica 11 settembre 2011

Quando il latte veniva munto sotto casa



“ Se mi volete fornire due litri di latte al giorno. caldo dev’essere, senza schiuma e alle sette di mattina” disse don Piipinu “spaventu” che abitava a due passi dalla chiesa madre. Pronuziò quelle poche parole con tono risoluto, rivolgendosi col “voi”, per stabilire le distanze, al capraio che conduceva in pascolo le sue terre. U Zu Giddiu che di mestiere faceva il capraio a domicilio, quell’ordine aveva dovuto subirlo senza batter ciglia. “ Senza schiuma”, come lo pretendeva don Pippinu, “ca scumazza” come voleva fornirlo u zu Giddio, la differenza non era trascurabile, perché scumazza oggi, scumazza domani, zu Giddio, “sodu, sodu”, s’’era costruita mezza casa A fine mese quando zu Giddiu presentava il conto a scumazza c’entrava e come, perché don Pippinu non era tipo da farsi infinocchiare. Le grida si sentivano in tutto il quartiere, perché è vero ca scumazza c’era ma non nella percentuale che don Pippinu calcolava. Il nomignolo “ spaventu” a don Peppino gli era stato affibbiato dagli amici del circolo dei civili, perché non c’era discorso che don Pippinu iniziasse o finisse, senza quel sostantivo: “spaventu! aumentanu i tassi”, spaventu! calau u prezzu du vinu; non se ne può più, chi spaventu!…..” U zu Giddio ca viddanu era, ma di cervello fino, aveva trovato il modo di vendicarsi con don Pippinu che secondo lui voleva “sparagnari troppo supra a peddi ‘i puvireddi”. A quel tempo le capre circolavano per il paese, munte sotto il portone di casa dei signorotti che il latte pretendevano, caldo e cremoso. Poiché le capre come tutti gli esseri umani fanno i loro bisogni, u zu Giddiu faceva in modo che defecassero proprio sotto il portone di don Pippinu, lasciandovi un tappeto d’escrementi che ogni mattina la serva si scomodava di rimuovere tra le imprecazioni del padrone che gridava: spaventu! nun si nni po’ cchiù di stu zimmuru di capraru!”. Se u zu Giddiu aveva perso “la battaglia da scumazza”, don Pippinu non era stato vittorioso sull’altro fronte, perché quando u zu Giddiu passò a miglior vita, davanti al portone di don Pippinu le cose mutarono radicalmente. Non c’era più, è vero, quel tappeto d’escrementi che tanto faceva infuriare don Pippinu, ma nemmeno quel latte, caldo cremoso, con o senza schiuma, che don Pippinu adorava. La morte s’era portato via u zu Ggiddiu insieme al suo latte che per don Pippinu, nato signorotto, a sentir lui, aveva un sapore speciale, perché, sosteneva, proveniva dal pascolo delle sue terre ch’erano “roba sua” come “roba sua” era anche il latte che producevano le capre. Saro Pafumi

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