mercoledì 25 maggio 2011

Nella lingua siciliana manca il futuro, come nella realtà.

Nella lingua siciliana manca il tempo futuro dei verbi. Infatti, per esprimere un’azione futura si ricorre a qualche locuzione, per cui dovendo dire: “ andrò in campagna”, si dice: “Dumani vaiu ‘ncampagna”, oppure si ricorre al verbo “dovere”: “Aiu a gghiri ncampagna”. Che nella lingua siciliana manchi il futuro non è una circostanza occasionale. Una ragione deve pur esserci. In Sicilia, infatti, il futuro non ha ragion d’essere. Perché il divenire da noi non esiste. Non da ora, da sempre. Esempio: Si è lottato tanto per la conquista dell’Autonomia che avrebbe dovuto rappresentare il futuro dell’isola, ossia il mezzo col quale sarebbe dovuta essere amministrata la vita dei siciliani e invece…….E invece si è rimasti ancorati al passato, come se questa conquista non fosse stata mai realizzata. In Sicilia il passato è realtà, il presente è possibilità, il futuro non esiste. Qui siamo tutti discepoli di Orazio che amava dire “ carpe diem”. Altro esempio: “ Ni videmu ‘e cincu”. Il verbo è al presente, ma poiché non rispettiamo l’appuntamento, il presente diventa passato. Quando in una lingua manca il futuro è come se manchi la speranza, ossia l’attesa che si realizzi qualcosa. Dal calice della speranza abbiamo bevuto l’ultima goccia; ci rimane la sete con la quale conviviamo in perfetta armonia. L’assenza del futuro come verbo, ma anche come attesa è una caratteristica che ci rende “unici”, Una specialità, la nostra, solo apparentemente negativa, perché ci consente persino di aggirare i divieti che considerati, come proibizione di fare qualcosa proiettata nel futuro, esulano dai nostri compiti. Un’ultima annotazione che dimostra il nostro modo d’essere ispirato a questa filosofia. Noi siciliani usiamo dire: “ Sto tonando” per indicare di “andare e ritornare entro breve tempo”. E’ la dimostrazione che siamo capaci di annullare il futuro, di fare diventare attuale il divenire. E’ scienza, è calcolo, è rassegnazione, è filosofia tutto questo? E’ semplicemente “sicilianità”.
Pubblicato su La Sicilia il 25.05.2011. Saro Pafumi

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