martedì 4 gennaio 2011

Linguaglossa: gli antichi vespasiani all'aperto

Non ci sono città o paesi, piccoli o grandi che siano, che non abbiano avuto o hanno la loro zona di degrado urbano. Nei piccoli centri urbani, con l’avvento del progresso questi luoghi degradati sono andati via via scomparendo, ma rimangono nella memoria dei più adulti. A Linguaglossa fino agli anni cinquanta questi luoghi, urbanamente malsani, si potevano contare sulle dita di una mano: “ u ramazzino”, “ arreri a matrici”, “ a vanedda cicchittu”, com’erano volgarmente chiamati Erano luoghi assai frequentati per comprensibili ragioni, in un’epoca in cui i vespasiani, inventati dall’imperatore romano che ne ha dato il nome, non erano molto diffusi e quei pochi esistenti erano letteralmente inaccessibili per ovvie ragioni d’igiene e pulizia, ad onta di una certa “Enna a babba” che “scopa e catino “ in mano, il massimo dei mezzi igienici allora conosciuti, era incaricata di portare ordine e pulizia.
Una secchiata d’acqua e una ripassata con la scopa erano quel che oggi si chiama “mastrolindo” con le conseguenze igieniche facile da immaginare.
Comprensibile perciò che “i più” preferivano indirizzare le loro scelte all’aria aperta, ove le necessità corporali si potevano soddisfare sotto il cielo stellato e certamente senza quegli
effluvi sgradevoli che erano il condimento odoroso di quasi tutti i vespasiani. “Alleggerirsi il corpo” era allora una pratica che si faceva di solito in compagnia, retaggio questo delle antiche usanze romane per le quali le “latrine foriche”, costituite da basamenti in pietra su cui erano posti i sedili l’uno accanto all’altro, erano vere sale di riunione, dove tra una conversazione e l’altra, secondo l’immediatezza con la quale rispondeva il corpo, stitichezza permettendo, si consumava un quarto della vita in amena compagnia o in ossequio a quell’antico detto: “ aiu giratu u munnu sanu e mai aia vistu pis…..ri sulu un sicuilianu”.
“ U ramazzino”, “arreri a matrici”, “a vanedda cicchittu” erano perciò i luoghi idonei per questa sana attività corporale, dove non c’erano i doppi servizi, l’acqua calda, i “rotoloni regina” e il sapone di Marsiglia, ma le mani, qualche foglio di carta raccattato qua e là o le immancabili foglie delle varie piante spontanee che fertilizzate e rigogliose nascevano finanche sui muri.
Oggi per fortuna “il bagno” come eufemisticamente è chiamato il gabinetto è diventato la parte più curata delle abitazioni moderne e gli accessori si sprecano. Anche gli esercizi pubblici si sono adeguati, anche se alcuni, in certi casi, fanno venire la nostalgia “ddu ramazzinu, o a “vanedda cicchittu”. dove non s’era obbligati “a consumare”, ma stando “comodamente”rannicchiati si poteva persino cantare in assoluta libertà, perché quello che interessava fare era “l’atto grande”. Almeno sotto quest’aspetto, un certo progresso è stato realizzato, anche se per le strade resta molto da fare.
Pubblicato su La Sicilia il 07/01/2011 Saro Pafumi

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