lunedì 7 maggio 2012

Vecchi modi di dire, aggiornati

“ Ccu havi un parrinu ‘ncasa, havi un porcu appisu” un antico modo di dire. Il paragone anche se nella forma poteva sembrare irriguardoso, era frutto della convinzione popolare che con un parente prete in famiglia il sostentamento sarebbe stato assicurato. Non si dice appunto che del porco non si butta nulla? E a quei tempi, quando il cibo scarseggiava, la sicurezza d’averlo era considerata un ben di Dio. Oggi i preti soffrono le stesse ristrettezze economiche dei fedeli, per cui il paragone non regge più. Al prete si sono sostituite altre categorie: i politici, per fare un esempio perché navigano tra emolumenti, guarentigie e affogano nel denaro. Perciò oggi dovrebbe dirsi: “Avere un onorevole in casa, è come avere un porco appeso”. Questa volta però il detto, nella forma, non contiene nulla d’irriguardoso, perché l’accostamento del porco all’’onorevole è giustificato Basta leggere le cronache di tutti giorni, in cui alla porcilaia, luogo, in cui abitualmente vive il porco, si sostituisce quel substrato di peculato ,malversazione e corruzione che alimenta il mondo politico. Anzi in questo accostamento quello che ne esce più malconcio è proprio il porco che nasce vive e cresce nell’innocenza e alla fine s’immola per il bene altrui ossia per tramutarsi in prelibatezze culinarie. Una funzione utile, quasi un martirio. Sarà forse per questa sua funzione meritoria che di solito lo chiamiamo : maiale, suino, raramente porco, preferendo quest’espressione limitarla in tono dispregiativo all’uomo, quand’egli si trasforma in simbolo d’ingordigia e nefandezza. E certa società è piena di porci, con o senza ali. Saro Pafumi

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