domenica 24 marzo 2024

Sulla separazione delle carriere

 

Sulla separazione delle carriere.

Ogni qualvolta si dibatte sulla separazione delle carriere, tra giudici e pubblici ministeri, ciascuno mette in campo le proprie ragioni, pro o contro tale ipotesi. Non v’è chi non veda come le due attività siano ‘naturalmente’ opposte, poiché richiedono una preparazione giuridico/comportamentale assai dissimile. Il pubblico ministero è per natura il dominus dell’attività dì indagine, il primo investigatore della scena criminis, volto alla ricerca  delle fonti di prova, al fine dell’esercizio dell’azione penale. Tale attività necessita una preparazione culturale specifica, con la mente rivolta all’investigazione, che va coltivata e raffinata con anni di studi e pratica. Nel Pubblico Ministero è necessario il fiuto dell’investigatore, perché tale è la sua funzione: cercare tutti gli elementi necessari per arrivare all’incriminazione del presunto reo. Un investigatore alla Maigret, che non si cala con comprensione nei contesti umani, come nel personaggio televisivo, ma è, invece, uno spietato ricercatore della colpevolezza a tutti i costi.  Come un personaggio del genere, con quell’abito mentale cucito addosso dopo anni di esperienza nel settore, possa d’incanto tramutarsi in giudice, è difficile da capire. Quest’ultimo deve cercare la verità e a tal fine deve sentire la verità come esigenza intima e insopprimibile che, poiché tale, non s’impara, né insegna, ma si possiede come qualità umana. Solo chi possiede questa serena, innata qualità può aspirare a fare il giudice. Esercitare alternativamente le due attività, significa appartenere a due poli contrapposti, che richiedono una preparazione culturale diversa. Non si può programmare l’animo umano come un elettrodomestico, che premendo un pulsante, attua una diversa funzione. La cultura più diffusa del pubblico ministero è la convinzione che “non esistono innocenti, ma solo colpevoli non ancora scoperti”.Un magistrato che si esprime in tal modo, non dovrebbe giudicare, ma provare a vestire i panni dell imputato innocente. A nessun piacerebbe essere giudicato da chi coltiva pregiudizi del genere, per cui quest’alternanza di ruoli suona offesa alla ragione, alla serenità di chi giudica e alla fiducia di chi ne è coinvolto. Pubblicata su La Sicilia oggi 24.03.2024

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