Prima di scrivere, in occasione del decennale della distruzione di Piano Provenzana (27 ottobre 2002- 27ottobre 2012), questa lettera a Lo dico a La Sicilia”, mi sono chiesto se fosse il caso, perché di Piano Provenzana, in questi lunghi anni, si è parlato e scritto abbastanza, senza, purtroppo, venire a capo della situazione. Mi riferisco alla ricostruzione delle infrastrutture che dovrebbero fare da cornice agli impianti scioviari che, con notevoli sforzi finanziari, sono già una realtà. Una realtà monca, però, certamente non sufficiente a riportare il comprensorio agli antichi splendori. Dopo dieci anni d’immobilismo e d’incertezze, credo sia giunto il momento che l’amministrazione comunale faccia conoscere alla cittadinanza il programma dell’intera ricostruzione (alberghi e ristoranti). In questa legittima richiesta non c’è alcuna vena polemica su eventuali responsabilità e ritardi. C’’è, invece, nella cittadinanza linguaglossese, il legittimo desiderio di “conoscere”, perché ciascun cittadino ha il diritto di programmare il proprio futuro che in massima parte dipende dal decollo del polo turistico Etna Nord al quale la storia di Linguaglossa, da quella economica, a quella sportiva, da quella turistica a quella politica è profondamente legata. Dopo dieci lunghi anni Il timore che l’attuale situazione di stallo permanga è diffuso e fondato. Il ritardo è sintomo di difficoltà e non farne conoscere le ragioni non giova alla cittadinanza, né al potere. Il protrarsi infruttuoso del tempo, poi, induce al pessimismo, In primo luogo perché il tempo perduto ha generato una naturale, inevitabile lievitazione dei prezzi della ricostruzione, aggravata dalla sopraggiunta crisi economica che scoraggia alcun investimento in materia. Così stando le cose c’è il fondato timore che trascorra invano un altro decennio, un lusso che Linguaglossa non può permettersi, vuoi perché Linguaglossa in questi anni ha fatto molti passi indietro, rispetto alla sua storia, vuoi perché eventuali, altri ritardi finiranno col fare precipitare l’intero paese in un baratro, anche se con un piede vi è già dentro. In democrazia porsi delle domande è un diritto, informare un dovere. Sempreché questa antica forma egualitaria e partecipativa di governo abbia ancora un senso.
Pubblicata su La Sicilia il 28.10.12 Saro Pafumi
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